Maschera di Venezia
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Roberto Fader

Maschera di Venezia






Contents

Capitolo Primo: Il Carnevale

Venezia, 20 febbraio 2025. Il sole era ormai un ricordo lontano, inghiottito dalle acque scure dei canali. Le sei di sera segnavano l’inizio di una notte che avrebbe cambiato tutto. La città, avvolta nelle sue maschere e nei suoi misteri, respirava l’aria frizzante del Carnevale. Piazza San Marco era un turbinio di luci, colori e risate, ma nelle calli più strette, lontano dalla folla, l’oscurità regnava sovrana.


Un uomo correva. Il suo respiro affannoso si confondeva con il suono dei suoi passi che risuonavano sui selciati umidi. Aveva il volto pallido, gli occhi spalancati dalla paura. Si voltava continuamente, come se temesse che qualcosa, o qualcuno, lo stesse già raggiungendo. Le sue mani stringevano un piccolo oggetto, avvolto in un panno scuro, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.


Le calli si intrecciavano come un labirinto, ma lui sembrava conoscere ogni svolta, ogni ponte, ogni angolo nascosto. Eppure, non bastava. Lo sentiva. Lo sentivano. I suoi inseguitori erano vicini, troppo vicini.


All’improvviso, si fermò. Davanti a lui, tre figure emersero dall’ombra. Erano vestiti di nero, come fantasmi usciti da un incubo. I loro volti erano nascosti da maschere veneziane, ma gli occhi che vi brillavano dietro erano freddi, implacabili. Uno di loro fece un passo avanti, aveva la voce bassa e minacciosa.


Non puoi scappare, disse, con un tono che non ammetteva repliche. Hai qualcosa che ci appartiene.


Il giovane uomo indietreggiò, ma si accorse troppo tardi di essere circondato. La sua mano stringeva ancora l’oggetto, come se potesse proteggerlo. Non ce l’ho più, sussurrò con la voce rotta dalla paura. L’ho dato a qualcun altro. È già lontano.


Gli uomini in nero si scambiarono un’occhiata. Non c’era bisogno di parole. Uno di loro estrasse una pistola con il metallo lucido che brillava alla fioca luce di un lampione. Il giovane chiuse gli occhi con un singhiozzo strozzato nella gola. Non ci fu tempo per pregare, né per urlare.


Lo sparo fu soffocato dal rumore di una barca che passava in un canale vicino. Il corpo del giovane crollò a terra. Il panno scuro si aprì, rivelando un piccolo medaglione d’oro. Gli uomini in nero lo raccolsero, senza fretta, come se nulla fosse accaduto. Si guardarono intorno, sicuri che nessuno avesse sentito. La città continuava a festeggiare, ignara.


Nel panno c’era anche una piccola scatola. La raccolsero e uno di loro disse: Non è quello che cercavamo, ma sembra importante. Andiamo, ora.


Si scambiarono un’occhiata rapida, poi si allontanarono, scomparendo nelle ombre della città come fantasmi. La piccola scatola, ora nelle loro mani, sembrava innocua, ma qualcosa nel suo aspetto suggeriva che nascondesse un segreto. Un segreto che, forse, avrebbe cambiato tutto.

Capitolo Secondo: L’Incontro nella Folla

Roberto si trovava nel cuore di Piazza San Marco, circondato da un’esplosione di colori, suoni e maschere. Era come se tutto il mondo si fosse radunato lì, in quel preciso momento, per celebrare la magia del Carnevale di Venezia. Lui, argentino di nascita ma con l’anima di un viaggiatore, aveva sempre sognato di visitare questa città. E ora che era lì, si sentiva come se stesse vivendo un sogno.

Che ne pensi, Roberto? chiese Alessio, il suo amico italiano, mentre aggiustava il suo cappello a tricorno, perfettamente in tema con il suo costume settecentesco. Alessio era un appassionato d’arte, e ogni suo gesto sembrava ispirato dai grandi maestri del passato.


Mi piace moltissimo, rispose Roberto, con un sorriso che gli illuminava il volto. Grazie mille per l’invito. Non avrei potuto chiedere di meglio.


Laura, l’altra amica, si sistemò la maschera sul viso. Era una moretta, una maschera veneziana tradizionale di velluto nero, che le donava un’aria misteriosa ed elegante. Venezia è un museo a cielo aperto, disse, con un tono di voce che tradiva la sua passione per l’arte. Ogni angolo, ogni canale, racconta una storia. E il Carnevale è il momento in cui tutte queste storie prendono vita.


Roberto annuì, ammirando la piazza illuminata. È incredibile, mormorò. Non credevo che potesse essere così… magico.


Alessio e Laura si scambiarono un’occhiata complice. Beh, noi andiamo a prendere qualcosa da bere, disse Alessio, indicando un chiosco poco distante. Tu resti qui, Roberto? Non vogliamo che ti perda nella folla.


Non preoccupatevi, rispose Roberto, con un gesto rassicurante. Mi fermo qui a godermi la vista. Ci vediamo tra poco.


I due amici si allontanarono, lasciandolo solo in mezzo alla folla danzante. Roberto si guardò intorno, cercando di assorbire ogni dettaglio. Le maschere, i costumi, le luci… tutto sembrava uscito da un dipinto. Ma fu allora che la vide.


Era una ragazza. Indossava un vestito veneziano di seta blu notte, ricamato con fili d’argento che brillavano come stelle. La gonna era ampia, con volants che ondeggiavano ad ogni suo movimento, mentre il corpetto era stretto, decorato con perle e pizzi. La sua maschera era una bautt

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